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 Il giornalista Paolo Carlucci intervista a Belém Casimira Grandi del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Universitá degli Studi di Trento.

Professoressa, Lei é docente presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Universitá di Trento. Come é nata la collaborazine tra la sua Universitá e l’Universitá Federale del Pará (UFPA)?

 

La scorsa Primavera la  Facoltà di Sociologia dell’Universitá degli Studi di Trento ha ricevuto un invito da parte della Casa di Studi Italiani (CEI) dell’UFPA, per attivare un canale di contatto.

Dopo un accordo tra Facoltà è stato deciso che fossi io a venire in Brasile poiché mi occupo di emigrazione brasiliana. In proposito vorrei dire che la nostra Universitá ed in modo specifico la Facolta di Sociologia ha un rapporto pluridecennale con il Brasile, personalmente sono venuta  la prima volta nel 1986, però i contatti erano soprattutto con il Centro-Sud del Paese, dove più forte è stata l’emigrazione italiana e maggiore il numero di discendenti di origine italiana, nel Nord infatti sono molto meno numerosi. Ci è sembrato molto interessante poter attivare anche un canale di contatto con una Università del Nord del Brasile visto l’importanza internazionale che sta assumendo tutto ciò che riguarda il Nord, in particolare per noi europei, l’Amazzonia. Personalmente trovo molto interessante quanto si sta attivando, perché potremmo iniziare ulteriori studi sull’emigrazione italiana nel Nord del Paese in quanto questa é una memoria che al 90% ci manca. Già da alcuni incontri avuti in questi giorni mi sono resa conto che esistono delle presenze significative, non tanto in senso numerico quanto in senso qualitativo, pertanto credo che sia positivo aprire nuovi canali.

Secondo ma non secondo, ritengo che sia molto importante per noi italiani, ma vorrei dire in questo caso noi europei, poter ottenere sempre maggiori conoscenze del Sud America, perché in fase di globalizzazione a me non sembra più il caso di dover parlare di cooperazione internazionale ma semplicemente di cooperazione, abbiamo questo interesse aldilà dei confini.

In particolare quello che interessa la mia Facoltà che è di Sociologia ed ha un approccio particolare nei confronti dell’emigrazione, è che si superi il contesto del “Miserabilismo”, in particolare noi italiani siamo abituati ad analizzare l’emigrazione del poveraccio che parte con il fagottello in spalla, questa è una visione che non ci compete più e necessita di una conoscenza molto più approfondita di quali sono stati i fattori reali e quindi sociali, economici, che hanno spinto il nostro Paese ad emigrare. Non sono soltanto fattori come normalmente si è abituati a credere di tipo “Miserabilista”, troviamo sempre più una matrice che va a toccare quello che è il “Sentire” della persona, dove questa cerca altrove la possibilità di risposta alle proprie aspettative che in patria, evidentemente, non riusciva a realizzare.

 

 

 

Quali sono gli obbiettvi che questo intercambio vuole raggiungere?

 

Gli obiettivi sono quelli di conoscerci meglio attraverso uno scambio in primo luogo di docenti basato su progetti comuni di ricerca, in ambito italiano la nostra Facoltà ha già  avuto l’esperienza di ospitare presso di sé docenti, in questo caso lo farebbe con quelli dell’Università Federale del Pará su ambiti disciplinari di reciproco interesse. Ribadisco il fatto che noi abbiamo bisogno di conoscere il vero Brasile ed un tantino anche i brasiliani hanno bisogno di conoscere la vera Italia, perché forse noi abbiamo una visione troppo negativa del Brasile ed i brasiliani forse una visione troppo dorata dell’Italia.

 

Le conferenze che Lei qui a Belém promuove presso la UFPA vertono intorno ai temi dell’emigrazione italiana, della sub-regionalità di questa e di quella declinata al femminile. Cosa puó dirci in proposito?

 

Per quanto concerne l’analisi sub-regionale riteniamo che  attraverso questa lente di lettura sia il metodo di ricerca pià accurato per poter comprendere le peculiarità dei flussi migratori, volendo superare quell’ omologazione che durante molto tempo si è avuta soprattutto in ambito italiano, dove cifre enormi massificavano realtà, propensioni, attività e capacità assolutamente diverse tra di loro. Infatti per quanto concerne gli studi già fatti sul Brasile questi danno risalto soprattutto a realtà tipo Nova Veneza, Nova Trento ecc., pertanto si può veramente dire che l’analisi regionale è la metodologia migliore per avviare un discorso sui flussi migratori. Secondo ma non secondo, l’analisi migratoria di genere che verte sulle donne emigranti è motivata, non solo ma anche, da quanto stiamo vivendo noi nell’Italia immigratoria di oggi, vediamo che molti flussi importanti da un punto di vista economico e sociale sono connotati, per l’appunto, dalle donne e quindi vogliamo ricuperare quest’aspetto della nostra storia che non ci è stato concesso di avere in passato.

 

Pensa di tornare nuovamente a Belém, quando?

 

Personalmente spero di poter ritornare perché abbiamo individuato interessi comuni di ricerca e mi sono trovata molto bene con i colleghi di qui ed è inutile dire che sono stata accolta splendidamente e con tanto calore umano al quale noi in Europa non siamo abituati. Sono qui da poco più di una settimana e sarei felice di ritornarci in futuro, il problema è un po’ come arrivarci per via delle difficoltà di collegmento aereo di Belém.

 

Questa è la prima volta che Lei viene a Belém, cosa l’ha maggiormente colpita e qual’è il bilancio della sua esperienza.

 

Intanto Belém è bellissima e nel mio immaginario l’Amazzonia era un po’ per me il paradiso terrestre, devo dire che è stato un po’ così quando ho visto questi luoghi di persona, è una terra splendida e dal punto di vista naturalistico è qualcosa di indescrivibile. Mi sono trovata molto bene con la gente perché qui c’è molta solidarietà.

La cosa che invece mi ha colpito, nel senso che mi ha destabilizzato, è stata che pur sapendo che il Nord è un altro mondo rispetto al Sud del Brasile, la frequanza dell’alternarsi di cose positive e negative; accanto a cose splendide e magnificamente recuperate con molto gusto vedi il totale decadimento. Capisco che è molto difficile recuperare una situazione sociale e urbana di un territorio peraltro così ampio ma spero che avvenga perché la gente lo merita.

 

Cosa si augura per il futuro di questa collaborazione accademica.

 

Direi poter attivare in maniera ufficiale un protocollo d’intesa e sperando che questo possa essere fatto in tempi relativamente brevi per quanto consentano le nostre rispettive burocrazie, basato come detto precedentemente, su un progetto di comune interesse,  su una politica culturale che interessi non soltanto noi ma anche i nostri due Paesi. Credo che questo tipo di attività possa generare però accordi più ampi .

 

Ps. La Prof.ssa Casimira Grandi a fine intervista informa che l’Università degli Studi di Trento ha firmato tempo fà un protocollo d’intesa con l’Istituto Italo – Latino Americano (www.IILA.org) , questo gli permette di avere un maggiore approfondimento nelle relazioni con le Università latino-americane perché all’IILA partecipano tutti i Paesi dell’America Latina.