E lei non vuole parlare dell’argomento, ma la sezione nordest del quotidiano Il Gazzettino ha raccontato (edizione di oggi, 07/02) la sua storia sotto il nome di Stefania – l’italo-brasiliana soccorsa dall’avvocato Marco Mellone con un ricorso alla Corte di Cassazione per vedere riconosciuta la sua cittadinanza italiana iure sanguinis, dopo averla ottenuta a Roma e vedersela negata dal Comune di Vittorio Veneto e, successivamente, dai tribunali di Treviso e Venezia.
Della sentenza senza precedenti (“Non è necessaria la certificazione di passaggio in giudicato per l’esecuzione di una sentenza di cittadinanza”) della più alta istanza della giustizia italiana, ne abbiamo già parlato qui. Quello che il quotidiano approfondisce oggi sono le sofferenze e le conseguenze della lunga attesa di Stefania, che, secondo quanto riportato, sarebbe originaria di Curitiba-PR.
È proprio nel suo caso che la Suprema Corte ha determinato il pagamento delle spese legali per un importo di 12 mila euro, pari a circa 70 mila reais.
L’errore dell’ufficiale di stato civile del Comune di Vittorio Veneto rischia di costare ancora di più alle casse pubbliche. L’avvocato Marco Mellone, che ha anche difeso Stefania gratuitamente, ora intende avviare una causa per danni morali e materiali.
Di seguito traduciamo integralmente l’articolo di Eleonora Pavan, pubblicato su Il Gazzettino”
Il Comune non le riconosce la cittadinanza, 40enne italobrasiliana, costretta a vivere per strada, fa ricorso e vince. La Cassazione: «Municipio condannato a pagare le spese»
La donna era stata riconosciuta cittadina italiana dal tribunale di Roma, ma per “una illegittima impuntatura burocratica” l’ufficiale di stato civile di Vittorio Veneto non le ha rilasciato i documenti.
VITTORIO VENETO – È una storia che inizia tre anni fa quella di Stefania (nome di fantasia), 40enne italobrasiliana e mamma, che nel 2022 è stata riconosciuta cittadina italiana ma non è riuscita a ricevere dal comune di Vittorio Veneto i documenti fino a fine dell’anno successivo. Per «una illegittima impuntatura burocratica dell’ufficiale di stato civile», così la definisce il suo avvocato.
Un anno e mezzo durante il quale Stefania è stata costretta a vivere per strada, senza poter lavorare e avendo anche un figlio (minorenne) a carico. Insomma, una cittadina fantasma. La vicenda si è conclusa venerdì scorso con la sentenza della corte di Cassazione che ha condannato il comune a pagare 12mila euro di spese processuali per non aver adempiuto ad un ordine giudiziale emesso dal tribunale di Roma. Ma andiamo com ordine.
LA VICENDA
La storia di Stefania inizia nel 2022, quando la 40enne avvia il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza, avendo avuto un nonno originario proprio di Vittorio. Il tribunale di Roma le riconosce la cittadinanza e ordina al funzionario di stato civile di emettere i documenti. La donna si è rivolta a Vittorio Veneto proprio perché paese natio del nonno. Ma ecco l’intoppo: «Il sindaco in qualità di ufficiale di stato civile ha rifiutato di applicare la decisione giudiziale per un motivo burocratico: la mancanza del certificato di passaggio in giudicato della stessa. Un documento non richiesto dalla legge» spiega il suo legale, Marco Mellone del foro di Bologna. Insomma, una impasse burocratica.
Che però ha avuto conseguenze devastanti sulla vita di Stefania, costretta in mezzo alla strada, senza possibilità di trovarsi un lavoro. «La donna ha ricevuto tante offerte in questi anni ma è sempre stata costretta a rifiutarle poiché non in possesso dei documenti – spiega il legale – È rimasta un anno e mezzo per strada con un figlio a carico. Senza residenza, senza possibilità di affittare una casa. Non poteva iscriversi all’anagrafe, né accedere al sistema sanitario. Insomma, un fantasma giuridico. Una clandestina, quando in realtà è a tutti gli effetti una cittadina italiana».
LA SENTENZA
L’italobrasiliana ha finalmente visto la luce della sua lunga trafila burocratica e legale solo a fine 2023, quando ha presentato il certificato mancante ed è riuscita finalmente ad ottenere i documenti. Ma non è finita così: Stefania, per i danni subiti in questo anno e mezzo, ha portato la questione prima di tutto davanti al tribunale di Treviso, facendo ricorso nei confronti del sindaco di Vittorio, che ha, però, rigettato la domanda. E poi anche davanti alla Corte di Appello di Venezia, giunta alla stessa conclusione, e infine di fronte alla corte di Cassazione.
«Il sindaco ha sempre partecipato al giudizio come rappresentante del comune, quando avrebbe dovuto farlo in qualità di ufficiale di stato civile» spiega Mellone. La Suprema Corte italiana ha, contrariamente agli altri gradi di giudizio, dato ragione a Stefania, condannando il comune di Vittorio Veneto a pagare oltre 12mila euro di spese processuali per non aver adempiuto ad un ordine giudiziale emesso dal tribunale di Roma. Una parte in solido con il ministero dell’Interno e il resto solo a carico del Comune.
La sentenza è arrivata proprio venerdì scorso ed è stata accolta con grande gioia dalla 40enne, che si dice molto soddisfatta perché giustizia è stata fatta. «Avvieremo ora anche un’azione di risarcimento danni contro l’amministrazione per danni morali e patrimoniali, visto che la donna è rimasta bloccata in un limbo burocratico per oltre un anno senza poter lavorare» conclude l’avvocato”. (Il Gazzettino – Nordest – 7 fev 2025 – Eleonora Pavan)