SAN PAOLO-SP Calcano da tempi lontani la scena di quel “teatrino” dell’emigrazione italiana all’estero molto attivo in Brasile; da venti anni almeno sono i “signori del Comites e del Cgie” di Porto Alegre, Curitiba e San Paolo. Sempre i primi quando si tratta di contendersi un incarico di rappresentante della comunità italiana in Brasile (Presidenza del Comites, Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, Enti Gestori della legge che finanzia i corsi di lingua italiana all’estero). Sempre gli ultimi quando si tratta di tradurre concretamente il frutto delle loro fatiche elettorali; sì, perché nessuno si è mai accorto di qualche risultato oggettivo a beneficio della collettività italiana.
Alfieri imbattibili e instancabili della colonia italiana in Brasile, della quale si sentono i paladini, difendendola demagogicamente contro i soprusi di chiunque si azzardi a sottovalutarla, finiscono sempre – per un “piatto di lenticchie” – per prestarsi a qualsiasi gioco e giochetto che garantisca loro un minimo di visibilità e uno spazio dove fare valere il loro presunto potere.
È così che, miseramente, i Cavalieri Bonaspetti da Porto Alegre, Petruzziello da Curitiba e Pieroni da San Paolo, sono stati promossi al ruolo di “portatori di voto” della lista capeggiata al senato dal prode Pallaro (unico parlamentare a non mettere piede in Brasile in due anni di mandato parlamentare, nonostante già la scorsa volta raccolse proprio in questo Paese un numero immenso di suffragi) e alla Camera del Presidente del Comites di Buenos Aires, Santo Ianni, il più “pallariano” di tutti gli italo-argentini.
Triste fine, forse meritata, per tre personaggi che così concludono una poco gloriosa carriera all’insegna dell’italianità perduta del Brasile e della lotta per riconquistarla. “Così è – diceva Pirandello – se vi pare!”.
Una palla al piede, poi, Claudio Pieroni che merita una nota a parte, dato che ha compiuto il “salto della quaglia” in senso anche politico e con la faccia più tosta che mai. Fino ad ieri, era un tifoso DS (oggi, PD) e del partito si è avvalso per la scalata al Cgie e alla Presidenza della FECIBESP (Federazione di Entità Culturali dello Stato di San Paolo).
Alcuni osservatori politici paolistani hanno così commentato la notizia del “transfuga”: “Pallaro ha effettuato un incauto acquisto: Pieroni non ha mai avuto voti, è sempre stato “trainato”, anzi il senatore Gaucho rischia di perdere consensi, visto che il bull-dog Pieroni è inviso a molta gente, figuriamoci poi dopo questa mossa da voltagabbana!”.
Lo aveva dipinto molto bene Eduardo Coen con un articolo sulla rivista “Oriundi” quando Pieroni si presentò, stavolta da solo, alle elezioni comunali di quattro anni fa, definendolo “mister 1.068” (il numero dei voti riportati – ndr).
È chiaro ed evidente che stavolta il senatore Pallaro parte con una palla di piombo al piede: Claudio Pieroni.
“Per favore, non confondiamo – scriveva Coen – 1.068 non è un numero cabalistico, né un invito a giocare al lotto. 1.068 rappresenta appena il numero dei voti ottenuti nell’ultima elezione municipale dal Sig. Claudio Pieroni, presidente del Comites di San Paolo, e che si denominava nei “santini di propaganda” distribuiti, come il “Rappresentante della Comunità italo-brasiliana”. Sorvoliamo per amor di patria sul fatto che i 1.068 suffragi ottenuti sono inferiori ai 2.023 voti dati al Sig. Antonio Paes da Cruz, meglio conosciuto come “o Baratão”, ex spazzino, eletto per il Prona, quello che a prima vista ci amareggia è verificare il poco peso che ha la Comunità italo-brasiliana, quando si tratta di difendere i

propri interessi. Queste le considerazioni suggerite dai freddi numeri. Analizzando però in profondità le ragioni causa di questo solenne fiasco, arriveremo alla conclusione che la Comunità italo-brasiliana è esente da qualsiasi colpa di omissione. Quando si parla di Comunità italiana, e lo ripetiamo ancora una volta, non bisogna riferirsi appena agli italiani residenti che hanno conservato la propria nazionalità, e quindi non possiedono nessun peso elettorale in Brasile, ma è imprescindibile includerci i discendenti che, appunto per il fatto di essere nati in Brasile, sono brasiliani di pieno diritto, e quindi possono votare”.
Dopo aver riferito che “il Sig. Claudio Pieroni, come rappresentante del Comites, evidentemente faceva leva su questa carica per cercare di riempire il carniere con i voti necessari per eleggersi e che se, però, avesse avuto per lo meno la curiosità di decifrare il significato della sigla COMITES, si sarebbe accorto che stava facendo il classico “buco nell’acqua”, già che il Comites sta per Comitato degli Italiani all’Estero”, Coen così continuava: “va da sé allora, che in questa campagna elettorale, per avere la pur minima speranza e probabilità di spuntarla era necessario rivolgersi ad altre direzioni, cioè verso i discendenti, ossia il vero potenziale della legittima comunità italo-brasiliana. Siamo convinti che ciò è stato tentato, già che il non farlo avrebbe rappresentato una dabbenaggine senza pari”.
Quindi, Edoardo Coen così concludeva: “e non si dica per favore che la comunità italo-brasiliana non sa votare. Sarebbe troppo comodo. Sa votare e come! Sa distinguere il buon grano dall’oglio”. Non ci rimane, allora, che concludere con la massima sicurezza: il trio Bonaspetti-Peruzziello-Pieroni si è buttato a corpo morto sulle tracce di Fregoli, il più grande trasformista che la storia ricordi.

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