u San Paolo – In questi ultimi tempi, quando l’antisemitismo, dopo l’ubriacatura nazista, comincia nuovamente ad alzare la testa, quando si fa di tutt’erba un fascio dell’antisionismo e dell’antisemitismo, come se non fossero due principi differenti, a volte addirittura antagonici, nulla di meglio che ricordare la vicenda del capitano francese Alfred Dreyfus, ebreo alsaziano di nascita, accusato di aver venduto alla Prussia segreti militari. Su questa vicenda dobbiamo allo stesso tempo ricordare anche il titolo giornalistico più famoso di tutti i tempi, e che ha rappresentato un marco nella storia del giornalismo.

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Ci riferiamo al ”Je accuse”, il titolo che occupava l’intera prima pagina del numero dell’ ”Aurore” del 13 gennaio 1898, firmato dallo scrittore francese Emile Zola.

Appena otto lettere, ma che rappresentano una netta presa di posizione nel caso che aveva emozionato l’opinione pubblica della Francia repubblicana di quell’epoca.. Attraverso una campagna stampa, ben orchestrata da parte dei settori più reazionari della società, ossia i monarchici, i clericali, i nazionalisti e principalmente gli antisemiti, che ne avevano fatto il loro cavallo di battaglia, erano riusciti a dare all’uomo della strada francese un pretesto per compensarlo delle umiliazioni sofferte nel suo orgoglio dalla sconfitta del ’70.

L’isteria giacobina scatenata e foraggiata da questa campagna, era arrivata a tal punto di esasperazione che nessuno si permetteva di mettere in dubbio la colpevolezza del Dreyfus, condannato per questo crimine alla degradazione militare e all’ergastolo nell’Isola del Diavolo in Guiana.

Gli stessi Zola e Clemaceau, che in seguito si sarebbero trasformati in paladini per smascherare l’iniqua macchinazione, erano fermamente convinti ,all’inizio, che il Dreyfus rappresentasse uma volgare spia al servizio del Kaiser prussiano.

Com questo “Je accuse”, pubblicato sull’ “Aurore”, sia Zola, come anche il suo direttore si schieravano frontalmente contro l’unanimità dell’opinione pubblica, soffrendone per questo le conseguenti ritorsioni.

Ed è appunto per questo, che appare ancora più degno di ammirazione e rispetto il coraggio civile contenuto nel famoso e conosciuto articolo, che si è trasformato nell’esempio più fulgido di un giornalismo devotato alla verità, alla giustizia ,al senso democratico dei fatti, anche se per questo è necessario pagare di persona.

Anche se è trascorso oltre un secolo dalla sua pubblicazione , il ”Je accuse” è sempre di lampante attualità. Specialmente oggi , quando i mezzi d’informazione hanno raggiunto una dimensione devastante. Mette nella sua vera luce l’aspetto bifronte della stampa, che come il Giano mitológico presenta due volti distinti, e allo stesso tempo contrapposti. Se da um lato è capace di influenzare e manovrare a suo bel piacere la direzione dell’opinione pubblica , quando messa a servizio dei burattinai di turno, che dietro le quinte ne manovrano i fili, dipendendo delle loro convenienze e priorità, dall’altro, quando spinta da principi idealistici e democratici, può anche trasformarsi nella voce della coscienza collettiva, nell’intransigente difesa della trasparenza nell’amministrazione della “res pubblica”.

Appunto per questo la stampa deve essere libera. Indipendente dai legami di interessi particolari, già che la libertà di espressione e di pensiero sono imprescindibili come le fondamenta di uno Stato democratico, una stampa libera è necessária come l’ossigeno a un organismo vivo.

Quando nelle dittature, sia in quelle pubbliche come anche in quelle economiche, dove imperano sovrani la censura e il soppruso, questo ossigeno le è tolto, cessa quindi di essere stampa. È appana carta stampata!

La vera e legittima stampa, quando è realmente degna di questo nome, ha quindi una delicata e importantíssima missione in questo mondo globalizzato e robotizzato, ostaggio di interessi economici di dimensioni continentali. Deve possedere un’anima ed essere polemica allo stesso tempo. Solo così potrà far sorgere la vera luce per una reale comprensione dei fatti e una libera analisi del momento storico che si attraversa.

Oggi la società è diventata una sterminata caserma, retta dall’irresponsabilità, dal disordine, dal marasma e dall’incertezza. Tutte le attività della società sono controllate, sistemate, rovinate d’autoritá. Siamo costretti ad una camicia di forza che ci trasforma in pazzi e esasperati, e allo stesso tempo anche un gregge di pecore belanti, che il bastone del pastore, aiutato daí cani al suo servizio conduce dove il suo interesse comanda.

Appunto per questo abbiamo bisogno di una vera stampa, che ci induca a comprendere e ci aiuti a pensare come uomini liberi.

Senza questo appoggio, per noi non ci sara speranza. Gregge siamo, e come gregge continueremo.