“Una confusione molto comune è quella che accade tra i termini registro e certificato”

Ciao a tutti! Dopo la breve revisione storica fatta nell’ultimo articolo della serie, credo che siamo pronti a capire come si dovrebbero strutturare i registri civili brasiliani e come ciò possa essere collegato alla pratica della cittadinanza.

PATROCINANDO SUA LEITURA

L’art. 29 della Legge Registro Pubblico (LRP) recita che, nel registro civile delle persone naturali, devono essere registrate le nascite, i matrimoni, le morti, le emancipazioni, le interdizioni, le sentenze di assenza, le scelte di nazionalità e le sentenze di adozione; ci limiteremo a mettere a fuoco solo la struttura dei certificati di nascita, matrimonio e morte. Queste tre specie di registrazione sono distribuite in vari libri di tipologia diversa, classificati come segue: nei libri di tipo “A” sono registrate le nascite; nei libri di tipo B i matrimoni; nei libri di tipo B Ausiliare, i matrimoni conclusi religiosamente; infine, nei libri di tipo “C”, i decessi.

Una confusione molto comune è quella che accade tra i termini registro e il certificato. Il registro è quello che consta nei libri; il certificato, a sua volta, corrisponde all’atto dell’Ufficiale in cui quest’ultimo descrive quello che ha visto all’atto di consultare un determinato registro, secondo le indicazioni fornite dall’interessato che, a sua volta, può richiedere all’ufficiale un riassunto di quanto scritto (ossia un certificato), una trascrizione completa dello stesso (ossia un certificato completo), una copia dello stesso registro (chiamata, da parte della maggior parte degli uffici che svolgono funzioni di anagrafe in Brasile, intero contenuto reprografico) o, persino, un certificato in cui l’Ufficiale risponde ad alcune domande poste dall’interessato.

Per noi, italo-discendenti, contano due questioni: la prima, sapere quale tipo di certificato dover richiedere nel nostro lungo percorso verso la cittadinanza; la seconda, quali elementi formano questi registri, al fine di conoscere quali requisiti possiamo fare presso i “cartorios” e quali presso l’organo giudiziario, nel caso in cui sia necessario correggere i documenti per comprovare la nostra discendenza.

Supponendo che già abbiamo i dati necessari affinché il “Cartorio” possa trovare i registri di nostro interesse (nome dei registri e date degli atti registrati o dei registri stessi), la strada fino alla cittadinanza italiana raccomanda di lavorare con tutti i tipi di certificati: quelli semplici, avendo come riferimento i registri che cerchiamo e, in generale, li abbiamo in nostro potere, tanto in 1ª via o successiva; i reprografici sono gli ideali per il momento precedente alla rettifica visto che, con l’accesso diretto a quello che realmente consta, in “ipsis litter”, evitiamo errori di trascrizione e otteniamo la possibilità di leggere e trascrivere i registri delle nostre famiglie come effettivamente devono essere; infine, i certificati di intero tenore tipografico (digitati), che sono quelli che useremo per istruire la pratica, amministrativa o giudiziaria, per la verifica della cittadinanza. Interessante notare che il riferimento ai registri (libri, foglio e numero) è stato inserito nella numerazione dell’iscrizione, richiesta in tutti i certificati di registro civile fin dall’edizione del Decreto nº 7.231/2010 – ed è importante che i cittadini sappiano riconoscere questi elementi in modo immediato, osservando la matricola registrata. Ad esempio, la matricola del mio certificato di nascita, libro 584-A, f. 21, n. 66.871 – che indico in rosso nell’immagine qui sotto:

In realtà, non sarebbe necessaria la presentazione di certificati completi, nel caso in cui l’Amministrazione Pubblica avesse familiarità con i certificati con risposte del Pubblico Ufficiale, questi ultimi più economici – dal 20 al 40%, a seconda dello Stato – rispetto ai primi. Se ci fosse un vademecum o, meglio, un regolamento comune del “Ministero dell’Interno” e del ‘Ministero degli Affari Esteri’ che si preoccupasse effettivamente della procedura di dichiarazione di verifica della cittadinanza italiana dei discendenti, sarebbe sufficiente che tale regolamento indicasse i necessari quesiti per i certificati, così che i discendenti richiederebbero alle anagrafi brasiliane i certificati richiesti – il cui formato, semplice, avrebbe nel campo “Osservazioni” le risposte alle domande rivolte all’Ufficiale. Senza dubbi ciò ridurrebbe di un 30% circa i costi della “preparazione dei documenti”, considerando i costi di spedizione dei certificati e le rispettive traduzioni. Nulla impedisce, quindi, che siano prese delle misure, nel silenzio della legge e dell’Amministrazione Pubblica italiana su questo tema, come ad esempio: a) istruzione, presso il Consiglio Nazionale di Giustizia, di un’azione richiedendo l’integrazione dei certificati semplici, ai fini della doppia cittadinanza, con informazioni considerate imprescindibili dal paese straniero; b) uso di certificati con risposte dell’Ufficiale in processi che transitano in Italia, al fine di verificare l’accettazione da parte della magistratura italiana a questo tipo di certificato; c) azioni diplomatiche tra Brasile e Italia che, in difesa dei diritti di nazionalità dei portatori di doppia nazionalità, stabiliscano accordi bilaterali per facilitare la pratica della cittadinanza per gli italo-discendenti.

A tal fine faccio due importanti appunti, prima di dare seguito alla materia che stiamo discutendo in questo articolo:

a) in primo luogo, la “Circolare K-28”, contrariamente ad uno degli errori giuridici più frequenti nel “mondo” della cittadinanza italiana, non è un atto normativo diretto ai Consolati. Si tratta di un regolamento che arriva dal “Ministero dell’Interno”, quindi diretto esclusivamente all’Amministrazione Pubblica interna italiana, ossia ai Comuni (in particolare ai Sindaci). Per essere una norma amministrativa, la sua forza, non equiparabile alla legge, vincola solo l’Amministrazione Pubblica alla quale si rivolge, qualunque sia l’amministrazione comunale italiana, non raggiungendo, a rigore, i Consoli, visto che sono vincolati al ‘Ministero degli Affari Esteri’ che, a sua volta, è sempre stato assolutamente silente sulla pratica della cittadinanza da parte dell’Amministrazione Pubblica italiana svolta all’estero. Così è un triste ed arbitrario atteggiamento della Farnesina usare la K-28 solo quando le è conveniente – e, in generale, per contrastare o rendere difficile l’accesso dei discendenti alla dichiarazione della loro cittadinanza;

b) in secondo luogo, vorrei presentare importanti opinioni contrarie alla mia, alle quali deve essere data la giusta voce. Daniel Taddone, con il quale ho avuto una cordiale chiacchierata sull’argomento, crede che, come sempre accade in altri paesi, tutto dovrebbe essere reprografico e, anche, che sarebbero necessari alle procedure di autenticazione solo certificati completi reprografici. Giustamente, il nostro noto amico pone l’accento sulla certezza giuridica dei registri, visto che la fotocopia dei libri, secondo lui, dovrebbe ridurre al minimo l’arbitrarietà degli Ufficiali e persino l’eventualità di frodi. Pur comprendendo e persino concordando con le preoccupazioni di Taddone, dissento da lui, e sottolineo i motivi: i) i certificati reprografici ci portano il terribile problema della calligrafia. Taddone sostiene che, visto che la trascrizione un certo momento dovrà essere fatta da qualcuno, dall’ufficiale – o da un suo sottoposto -, o dal traduttore pubblico, non ci sarebbe motivo, secondo lui, di pensare che trascrizioni fatte in Cartorio necessariamente debbano essere più giuste di quelle fatte dai traduttori. Non sono d’accordo per il fatto che: i controlli pubblici dell’atto ed i disincentivi giuridici ed economici per eventuali frodi operano, con effetti, in maniera molto più efficace sugli Ufficiali dell’Anagrafe; i traduttori pubblici sono molto meno soggetti a controlli rispetto agli Ufficiali – anzi, i traduttori sono addirittura esentati dal controllo  e, anche, hanno molto meno da perderci. Oltretutto, gli Ufficiali si oppongono molto di più alle interpretazioni proposte dagli interessati rispetto ai traduttori pubblici, visto che la traduzione, oggi meccanismo di un’autentica industria, finirebbe per avere, ne sono certo, le trascrizioni proposte dagli stessi interessati come veri testi standard, in caso di calligrafie difficili da decifrare; II) credo che sia anche possibile fare frodi nei certificati reprografici, in modo che, per il bene della verità, non ci siano impedimenti di ordine tecnologico che impediscano a fautori di frodi di inserire, modificare o escludere informazioni nelle copie reprografici – e se esse sono poco frequenti è anche grazie a meccanismi pubblici di controllo e degli importanti disincentivi che pesano in modo molto efficace sugli Ufficiali di Registro. III) dobbiamo anche ricordare che i Pubblici Ufficiali hanno a loro disposizione fonti infinite di elementi extra-testo che li possono aiutare nella trascrizione, visto che conservano migliaia di registrazioni fatte dagli scrivani (quando non da loro stessi) potendole usare per arrivare al senso più preciso del testo e (iv) infine, chiarisco ai lettori che il mio argomento è di “lege ferenda”, visto che tratto una normativa ancora inesistente, che potrebbe obbligare gli Ufficiali, secondo il principio della legge, ad esercitare gli atti nella corretta conformità del prescritto, diminuendo il loro arbitrio. Questo regolamento è totalmente possibile, ma la sua formulazione dipende da un movimento politico e giuridico, purtroppo inesistente, della società civile e dei governi interessati (brasiliano e italiano).

Fatte queste considerazioni torno al tema più importante di questo articolo: cosa dice la legge brasiliana sugli elementi obbligatori dei registri che ci interessano (nascita, matrimonio e morte)? In altre parole, come coniugare ai nostri interessi la struttura dei registri pubblici dei quali abbiamo bisogno per la pratica della cittadinanza? La risposta a questa domanda, riprendendo quanto detto sopra, è di grande importanza quando dobbiamo correggere i registri in modo da comprovare in maniera adeguata la nostra discendenza.

Alcuni elementi di registro, necessari nella prova dell’ascendenza di un eventuale interessato, trovano soluzione nell’attuale legge di registro brasiliana, così possiamo considerare, ai fini di una possibile rettifica del registro, come elementi di registro minimo o essenziali, sui quali non possono mai ricadere considerazioni basate esclusivamente sull’arbitrarietà di quello che Ufficiali e Giudici possano interpretare:

a) nei certificati di nascita: 1 – il giorno, il mese, l’anno e il luogo di nascita; 2 – il sesso del registrato; 3 – il fatto di essere gemello, quando ciò sia accaduto; 4 – il nome ed il cognome dati al bambino; 5 – altri fratelli con lo stesso cognome esistenti o no; 6 – nomi e cognomi, il luogo di nascita, la professione dei genitori, il luogo e l’anagrafe dove si sono sposati, l’età dei genitori del registrato, in anni completi, al momento del parto, il domicilio o la residenza della coppia; 7 – nomi e cognomi dei nonni paterni e materni; 8 – nomi e cognomi, professione e residenza dei due testimoni, quando si tratta di parto avvenuto senza un’assistenza medica in casa o in ospedale; 8 – nomi e prenomi, professione e residenza dei due testimoni sul posto, quando si tratta di parto avvenuto senza un’assistenza medica in casa o in casa di salute;

b) nei certificati di matrimonio: 1 – nomi, cognomi, nazionalità, luogo di nascita, data di nascita, professione, domicilio e residenza attuale dei coniugi; 2 – nomi, cognomi, nazionalità, data di nascita o di morte, domicilio e residenza attuale dei genitori; 3 – nomi e cognomi dell’eventuale coniuge precedente e la data di scioglimento di tale precedente matrimonio; 4 – la data della pubblicazione di matrimonio e celebrazione dello stesso; 5 – la relazione dei documenti presentati all’ufficiale del registro; 6 – nomi, cognomi, nazionalità, professione, domicilio e residenza attuale dei testimoni; 7 – i nomi e l’età dei figli avuti in un eventuale precedente matrimonio o legittimati dal matrimonio.

c) infine, nei certificati di morte: 1 – giorno, mese e anno del decesso; 2 – il luogo del decesso; 3 – il cognome, nome, sesso, età, colore, stato, professione, luogo di nascita, domicilio e residenza del morto; 4 – se era sposato, se sposato il nome del coniuge ancora vivo, o del coniuge già deceduto, se vedovo; 5 – l’anagrafe del matrimonio in entrambi i casi precedenti; 6 – nomi, cognomi, professione, luogo di nascita e residenza dei genitori; 7 – se ha lasciato figli, nome e età di ognuno; 8 – se era elettore.

Estendendo un po’ la mia analisi, anche quando parliamo di elementi registrati non essenziali (o, addirittura, rifiutati dal diritto brasiliano, secondo le più moderne interpretazioni), credo che sia possibile esigerli nei registri, se c’è un interesse giuridico visto che, secondo quanto indicato nel primo articolo della serie, i registri pubblici devono rispecchiare la verità reale degli atti e fatti indicati, al fine di dare risposte ad una funzione eminentemente pratica: mantenere scritti, pubblicamente, elementi che potranno avere effetti giuridici in vari settori dei diritti degli interessati e in qualsiasi momento. Così, a seconda della necessità giuridica dedotta, si deve rettificare, annotare o registrare elementi che, per soddisfare questa necessità, debbano essere indicati nei registri brasiliani, anche se considerati non essenziali dalla legge in vigore. Due interessanti esempi possono essere dati qui: uno, a proposito della legittimità dei figli, informazione tratta dai registri pubblici brasiliani, in funzione dell’interpretazione contemporanea universale del diritto registro patrio ma che, a causa dell’epoca a cui risalgono i registri civili dei nostri nonni e bisnonni, ha generato molte necessità di rettifica da parte di alcuni Consolati, al fine di avere il giusto “status” di figlio legittimo o naturale; un altro, relativo all’esigenza italiana di “risultare entrambi i genitori dichiaranti” nei registri certificati di nascita dei nati da relazioni non matrimoniali.   

Almeno una buona notizia può essere data agli italo-discendenti: la giurisprudenza brasiliana è fortemente consolidata nel senso che l’interesse dei discendenti di italiani all’acquisizione della doppia cittadinanza giustifica “in totum” i cambiamenti pretesi al registro, in modo che, salvo rare eccezioni, possiamo contare sulla collaborazione dei giudici per organizzare le rettifiche che chiediamo, seppur a scapito delle analisi spazio-tempo relative all’applicabilità delle leggi (nazionali ed straniere) ai casi concreti che vengono loro presentati.

Nell’articolo precedente mi ero impegnato a trattare tanto la struttura dei libri e dei certificati come le azioni di registro ma mi sono dovuto dilungare molto! Per questo motivo, scusandomi con l’editore e i nostri lettori, sia per il necessario eccesso di questo testo che per il mancato rispetto della mia promessa, termino qui l’articolo di oggi. Nel prossimo riprenderemo l’argomento delle azioni di registro ponendo l’accento, con particolare attenzione, sulle azioni di rettifica. Ci vediamo il prossimo mese, se Dio vuole. Ciao!


  • Testo originariamente pubblicato sul numero 263 della Rivista Insieme.